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lunedì 23 maggio 2016

"Il dialogo": piccola realtà irpina di ampio respiro. Intervista al direttore Giovanni Sarubbi

Quella che segue è l'intervista a Giovanni Sarubbi, direttore de "Il dialogo" (www.ildialogo.org), giornale online nato a Monteforte Irpino (AV), votato al dialogo interreligioso e alla cultura della pacifica convivenza tra i popoli.

La home del giornale online "Il dialogo", fondato da Giovanni Sarubbi


D._ Buonasera, Direttore. Vorrei rivolgerle alcune domande circa la sua rivista online “Il dialogo” (www.ildialogo.org), un periodico di cultura, politica e dialogo interreligioso dell’Irpinia.
Un giornale molto ricco, interessante, senza scopo di lucro, basato sul lavoro volontario.
Quando è nata l’idea di un giornale di così ampio respiro? A quali esigenze risponde?

R. Il giornale è la continuazione su internet di un giornale cartaceo che si è stampato a Monteforte Irpino dal 1996 al 1998. Tre anni molto impegnativi sul piano politico e sociale. Allora il giornale aveva lo scopo di risvegliare la stampa politica cittadina e si inseriva in un progetto politico legato ai partiti di quello che allora si chiamava ULIVO. C’era un gruppo di persone che collaborava che faceva parte sia dell’allora PDS, sia dell’allora Partito Popolare, cioè dei partiti che avevano sostituito rispettivamente PCI e DC. Oltre ai fatti locali il giornale spaziava su molte problematiche di tipo nazionale, quali l’ambiente ed il dialogo interreligioso. In quegli anni si stabilì un rapporto con il Villaggio Evangelico sito a Monteforte, che allora era gestito ancora dalla Tavola Valdese. Quando poi nel 1998 il gruppo che aveva dato vita al periodico, che si stampava ogni 15 giorni ed andava letteralmente a ruba, si sciolse perché perse le elezioni comunali, io rimasi solo e fu quasi automatico il suo trasferimento on-line su Internet che allora stava cominciando a consolidarsi.
Il giornale come è adesso è legato sostanzialmente alla mia passione cinquantennale per il giornalismo. Ho cominciato a scrivere articoli all’età di 14-15 anni e da allora ho sempre continuato prima su vari fogli ciclostilati, come si usava negli anni 60 e 70, poi su giornali nazionali legati a partiti politici di sinistra. Ed è proprio questa esperienza che mi portò nel 1984 alla iscrizione come pubblicista all’albo dei giornalisti. Ho poi collaborato a diversi giornali locali e nazionali, quali “Il Mattino” di Napoli, o riviste dell’area religiosa come Tempi di Fraternità, Confronti, il settimanale della diocesi di Avellino “Il Ponte”. Ed alcuni altri periodici provinciali. Il giornale on-line nacque quasi per scommessa durante una discussione all’interno di un gruppo interreligioso che allora esisteva ad Avellino e di cui facevo parte. Per un annetto feci le prove su uno spazio web gratuito e poi registrai il dominio www.ildialogo.org su cui attualmente è installato il giornale. La svolta fu la tragedia dell’11 settembre del 2001. In quella occasione mi fu chiesta la disponibilità ad ospitare sul sito l’iniziativa della giornata del dialogo cristiano-islamico che fu lanciata proprio subito dopo quei tragici eventi. Seguendo quella esperienza il giornale si è andato via via sviluppando e arricchendo di argomenti, ce ne sono un centinaio attualmente sul sito, su tutto ciò che si muove nell’ambito religioso o politico sociale. Argomenti di punta del sito sono stati la questione dei preti pedofili, di cui siamo stati fra i primi ad occuparci, o la questione dei preti sposati o della omosessualità in rapporto alla chiese cristiane. Ci siamo legati ai movimenti di base della chiesa cattolica ma anche a quelli di matrice protestante. Oggi il sito risponde alle esigenze di quanti cercano informazioni sui temi della pace e del dialogo interreligioso o di una spiritualità scevra da ritualismi e gerarchie, libera  e liberante. Esigenze che in numeri significano una media di visite giornaliere al sito di oltre 6000 persone, circa 200mila al mese e oltre due milioni l’anno.

D._ Il giornale è nato in Irpinia, ma non si rivolge espressamente a un pubblico irpino. Il tema principale del suo giornale sembra essere il dialogo interreligioso: quest’ultimo è presente, in Irpinia? Il suo giornale ha dato un contributo sostanziale a tale dialogo nella piccola realtà territoriale irpina?

R. Il dialogo interreligioso è stato presente in Irpinia e ha sviluppato numerose iniziative, alcune di portata addirittura mondiale. Il tutto si è sviluppato quando ad Avellino era vescovo il compianto mons. Antonio Forte che credeva fermamente nel dialogo ecumenico ed interreligioso. Fino a quando c’è stato lui alla guida della diocesi la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si faceva molto seriamente e così quella del dialogo con gli ebrei. Sempre mons. Forte fu tra i primi firmatari dell’appello per la giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, promuovendo iniziative su tale terreno con diverse manifestazioni per la pace fatte in città e con diversi incontri con imam musulmani. C’è stato, ad esempio, un incontro interreligioso in una chiesa della diocesi durante la quale un musulmano irpino parlò dall’altare durante l’incontro, cosa che fino a quel momento era un tabù. Con la sua sostituzione il dialogo ecumenico ed interreligioso è praticamente scomparso, anche per il contemporaneo trasferimento di alcuni preti, anch’essi legati all’ecumenismo, con i quali abbiamo sviluppato numerose iniziative. Si, in quell’epoca come giornale abbiamo dato un contributo sostanziale al dialogo interreligioso. Ricordo, ad esempio, un dibattito sul tema della intercomunione tra cattolici e protestanti di cui abbiamo avuto un episodio in Irpinia, credo unico al mondo. Episodio che provocò molto rumore e scompiglio sia in ambito cattolico sia in ambito protestante ed in particolare nella chiesa valdese.

D._ Molto sentito, nel suo giornale, è anche il problema della guerra e della necessità di porvi fine; ma, nella realtà, l’obiettivo della pace sembra essere molto lontano. Lei crede che il dialogo interreligioso possa davvero contribuire alla pace? Non crede invece che, considerata la tendenza degli esponenti religiosi ad affermare la supremazia della propria religione sulle altre, già questo di per sé pregiudichi la possibilità reale di dialogare, allontanando quindi la pace? O sono altri a non volere la pace?

R. Le religioni, per lo meno fino alla Pacem in Terris di Giovanni XXIII, sono state a rimorchio dei rispettivi governi quando essi scatenavano la guerra. È successo così ancora nel secolo scorso sia con la prima che con la seconda guerra mondiale. Le varie confessioni cristiane hanno combattuto armi in pugno l’un contro l'altra armate per sostenere i propri principi, imperatori, presidenti della repubblica. Cattolici e protestanti in Germania, ai tempi di Lutero, erano alleati nella lotta contro i contadini nella guerra dei trent’anni. Guerra che era sostenuta teologicamente da una corrente riformatrice radicale, gli anabattisti, che rifiutavano la sottomissione ai principi, che fu sancita nella pace di Augusta con la famosa formula “cuius regio eius religio” (cioè "Di chi è la regione, di lui si segua la religione"). Gli eserciti uniti cattolici-protestanti distrussero questa corrente radicale che si era asserragliata nella città di Munster. Fra le confessioni cristiane e le religioni esiste un ecumenismo del male che è molto forte ed ancora esistente. Sulle cose che negano le stesse fondamenta delle rispettive religioni, tutte le religioni vanno d’accordo, a cominciare da quel “non uccidere” che è scritto in tutti i codici religiosi esistenti. Io penso che oggi sia sempre tempo di dialogo fra le religioni. "Non c'è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Non c'è pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni. Non c'è dialogo tra le religioni senza una ricerca sui fondamenti delle religioni". Lo ha scritto il grande teologo e storico Hans Küng. Questa frase campeggia come introduzione alla sua trilogia su Ebraismo, Cristianesimo ed Islam. Quella del dialogo è una strada certo irta di ostacoli ma è l'unica che uomini e donne di volontà buona possono seguire. Tutte le altre portano alla guerra e all'autodistruzione. Abbiamo invece bisogno di teologi che in tutte le religioni sappiano costruire il dialogo. Finora teologi e filosofi sono spessissimo stati usati per supportare, con le loro idee, la guerra. Per la sopravvivenza dell'umanità abbiamo ora bisogno di teologi e filosofi per il dialogo. È questo l'impegno per il quale noi lavoriamo e vogliamo continuare a lavorare.

D._ Noto che il suo giornale conduce alcune battaglie; recentemente ha iniziato a pubblicare una rassegna su “prostituzione, pornografia, pedofilia”. Con quali obiettivi e con quali risultati?

R. Fra le cose che facciamo ci sono quattro rassegne stampa quotidiane. C’è quella sull’Islam, quella sui Brics, quella sulla chiesa cattolica, ed infine quella da lei indicata. É un modo per mettere in circolo notizie su cui riflettere. Quella su “prostituzione, pornografia, pedofilia” ha il preciso scopo di suscitare una sensibilità contro fenomeni devastanti che oramai proliferano soprattutto su Internet. La pornografia è diffusissima e si può capitare su un sito pornografico anche senza volerlo. Le email spam diffondo spessissimo materiali pornografici o link a siti pornografici nascosti in link apparentemente innocui. La pedofilia e la pedopornografia, usano abbondantemente la rete internet per diffondere tali materiali. Insomma abbiamo creduto essere per noi un obbligo morale di fare qualcosa contro tali pratiche che degradano la persona umana e che recano gravissimi danni ai bambini e alle donne. Siamo anche contrari alle varie proposte di legge, di marca fascista e leghista, che vogliono legalizzare la prostituzione, ritornando alla mostruosità dei bordelli del regime fascista. Sono cose inaccettabili contro cui è necessaria una ribellione morale della società sempre più aggredita da spettacoli indecorosi e violenti nei confronti delle donne e dei bambini.

D._ Lei è anche uno scrittore; di recente, ha presentato un libro dal titolo “Avventisti, Christian Science, Mormoni, Testimoni di Geova” per la collana FattoreR, edizioni EMI. Ce ne vuole parlare, in breve?

R. È un libro nato nell’ambito di una collana che ha cercato di fare il punto e descrivere quasi tutte le religioni esistenti. A me è stato affidato il compito di descrivere le quattro religioni nate nel 1800 negli USA. È un libro che io ho scritto perché, come ricordava Kung, per fare dialogo fra le religioni è necessario conoscere i fondamenti su cui esse si basano. È un modo con il quale ho voluto impegnarmi personalmente su tale terreno.

D._ Oltre che scrittore, è anche poeta. Vorrebbe qui scrivere e commentare una poesia che le piacerebbe far conoscere?

R. Definirmi poeta mi sembra eccessivo. Nel corso della mia vita ne ho scritto molte ma non le ho mai pubblicate. Alcune le ho pubblicate recentemente sul sito e riguardano la guerra. È una problematica che mi coinvolge molto e che mi fa soffrire molto. La pace, nella tradizione islamica, è uno dei nomi di Dio. È forse il nome più bello e il più invocato. Vorrei che fossimo tutti poeti della pace, che ognuno di noi riuscisse a tirare fuori dal proprio animo pensieri di pace su cui costruire relazioni, amicizia, solidarietà, senza la quale l’umanità semplicemente non esiste. Ve ne propongo una, l’ultima, amara e dolorosa, che rappresenta bene il dolore che ho nel mio cuore.

UNA BOTTA E VIA
di Giovanni Sarubbi

Gli avevano detto di sorridere, di cantare, di gridare viva l'Italia.
La banda suonava marce militari,
e i bambini applaudivano,
e buttavano coriandoli come ad una festa.
I soldati in colonna marciarono davanti a loro.
Presentarono le armi ai loro familiari.
Si imbarcarono per terre lontane,
tutti volontari, tutti convinti di andare in guerra.
Un vescovo li benedisse e disse una preghiera su di loro.
Era una orazione funebre, ma loro la presero per un incitamento.
Erano già morti.
Lo sapevano i generali.
Lo sapeva il governo che aveva deciso la guerra.
Lo sapeva il vescovo che li benedisse.
A loro avevano detto che sarebbe stato facile,
una botta e via.
In 15 giorni li facciamo fuori tutti e torniamo ricchi.
Questa era la promessa.
Erano 5000, non ne tornò che uno.
Degli altri neppure la piastrina di riconoscimento.
Si guardava intorno come stralunato.
Provarono ad interrogarlo. Non rispose.
Provarono ancora. Non rispose.
Era morto ma vivo.
Aspettava che qualcuno togliesse la spina.



D._Grazie della sua cortese disponibilità!




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