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mercoledì 8 giugno 2016

Soldati di pace

Un'intervista a un Servitore dello Stato, che ha scelto di mantenere l'anonimato.

Foto dei militari dell'Esercito Italiano tratta dalla pagina Facebook ufficiale

Buongiorno ai miei lettori.
L'intervista che oggi vi propongo, è stata gentilmente concessa da un appartenente all'Esercito Italiano.

A. Grazie per avermi concesso questa intervista. Lei svolge un lavoro estremamente delicato, serve lo Stato nell’Esercito e lo fa silenziosamente, con coraggio e tenacia, come tutti i suoi colleghi.
Vorrebbe dirci come ha cominciato e cosa l'ha spinta ad intraprendere questa strada?

R.  Ho cominciato questa avventura quasi per caso. C’era ancora la leva obbligatoria e, dovendo fare il servizio militare, ho deciso di servire in maniera utile e soddisfacente, appassionandomi a questa vita e avendo la fortuna di poter rimanere nell’Esercito. Posso dire di avere la fortuna di fare   un lavoro in cui ho fatto e faccio cose per cui pagherei anziché essere pagato.

A. Lei ricopre un ruolo particolare? Quali sono le sue mansioni?
R. Faccio il Soldato cercando di essere utile alla Comunità Civile. Il resto è accessorio.

A. So che è stato impegnato in particolari missioni, anche all'estero. Può raccontare qualcosa, descrivere situazioni, emozioni e, perché no, soddisfazioni di quelle esperienze?
R. L’impiego all’Estero è ormai parte integrante del lavoro di chiunque porti le stellette. Lavorare fuori sede, in Teatri Operativi difficili e completamente diversi dalle nostre realtà, è qualche cosa che difficilmente può essere spiegato a parole. Non è solo il compito del Militare col fucile. E’ la conoscenza di mondi profondamente diversi dal nostro, con cui rapportarsi per ottenere un risultato di alta valenza sociale. Vedere quanto siamo fortunati a vivere dove viviamo e quanto sia difficile sopravvivere in certe realtà ci porta a dare il giusto peso a quei problemi che per l’Italiano generico medio, e per l’Occidentale in generale, sembrano giganteschi ed insormontabili mentre di fatto sono piccolezze. Operare all’Estero chiede tantissimo in termini di condizioni di vita e di affetti personali, ma dà altrettanto in soddisfazioni per l’esperienza e la conoscenza profonda ed altrimenti impossibile dell’Umanità varia che ci circonda.

A. Cosa pensa del fatto che il servizio militare non sia più obbligatorio da diversi anni?
R. Premesso che sono sempre stato fermamente convinto che una Società che voglia definirsi civile non possa e non debba servirsi di coscritti, perché il Servizio Militare deve essere strutturato, come ora è, su base volontaria, senza costrizioni anacronistiche, ritengo che da un punto di vista sociale ci sia qualcosa che manca ai nostri giovani. Mi spiego meglio: tralasciato l’aspetto prettamente militare, che non è in questione, vivere a stretto contatto con realtà sociali, culturali e geografiche diverse portava indiscutibilmente a crescere sotto molti punti di vista. Così come il rispetto delle regole e del prossimo era più sentito perché inculcato in maniera pressante per dodici mesi. Luci ed ombre, come sempre, ma resta l’anacronismo della  Leva Obbligatoria che fa premio su tutto.
A. In passato si sentiva parlare spessissimo del “nonnismo" nelle caserme, in conseguenza  del quale si sono avuti casi di suicidio. Con la leva volontaria il problema sembra essere estinto, o almeno non se ne sente più parlare. Che ne pensa?
R. Penso che fosse un falso problema, nel senso che il “nonnismo” in senso lato esiste dappertutto. Nei posti di lavoro (mobbing orizzontale) come  a scuola (bullismo). Sono fenomeni dati dall’ignoranza  di certi elementi che si fanno forti del tempo che è passato invece che delle loro qualità personali, in genere scarse. Prima avevamo i Coscritti, ed il fenomeno veniva importato in caserma dalla vita cosiddetta civile. Ora i nostri ragazzi sono dei professionisti che pensano al  loro lavoro anziché a perdere tempo con queste sciocchezze, anche perché chi dovesse provare a far valere la sua anzianità anziché le sue qualità verrebbe inesorabilmente messo in un angolo da tutti.

A. Crede che il vostro lavoro goda di sufficiente considerazione da parte del mondo politico e della cittadinanza, nel nostro Paese? Quali sono le problematiche ad esso connesse e quali miglioramenti si potrebbero apportare?
R. Domanda che richiederebbe un lungo excursus storico. Ve lo risparmio dicendo semplicemente che siamo passati dal disprezzo totale ad essere tollerati, per poi vedere timidi segni di apprezzamento che sono fortunatamente approdati ad un rispetto grandissimo unito ad un sentimento di riconoscenza per il nostro lavoro. Direi che è un gran risultato che per ora ci basta, anche se non ci abbandona la speranza di migliorare ulteriormente.

A. Consiglierebbe a un giovane di percorrere la sua stessa strada? Quali possono essere i pro e i contro?
R. Non consiglio niente a nessuno per mia natura. Dico solo che chiunque voglia abbracciare questa vita deve avere ben presente che sacrifici e rinunce sono tanti, per cui le motivazioni devono andare oltre la retribuzione o il supposto prestigio sociale che questa condizione comporta. Se ci si crede posso dire che le soddisfazioni ripagheranno dei sacrifici. Se no è meglio lasciar perdere.

A. La ringrazio di cuore per avere risposto alle mie domande e per quello che lei e i suoi colleghi fate, anche  mettendo a rischio la vostra vita.
R. Sono io che ringrazio per questa finestra aperta sul nostro mondo.  Chiudo dicendo che ciò che noi facciamo è uno dei mattoni che costruiscono la nostra Società, che si confonde  con quelli di tutti coloro che lavorano con  in mente il bene comune e non solo il proprio particolare.

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